Il litio è un elemento essenziale per alimentare la transizione energetica pulita. Un componente essenziale per la migrazione verso un mondo di autovetture a zero emissioni, che tuttavia sta sollevando ben più di qualche perplessità: proprio il litio può infatti avere un serio impatto negativo sull’ambiente, vanificando gli sforzi verso un panorama green a quattro ruote.
Ma andiamo con ordine. Appare certo che la corsa verso le emissioni nette zero dipenda in larga misura proprio dal litio: per alimentare i veicoli elettrici, per immagazzinare l’energia eolica e solare.
Questo elemento chimico è uno dei principali protagonisti della trasformazione economica e infrastrutturale che stiamo vivendo oggi. La nostra dipendenza dal litio ricorda quella dal petrolio e dal carbone che in passato hanno trasformato la nostra società. All’epoca, però, non si conoscevano gli effetti a lungo termine della combustione dei combustibili fossili. Oggi, invece, conosciamo molto bene gli aspetti fortemente negativi dell’estrazione del litio sull’ambiente.
Da questa conoscenza dovrebbe derivare la responsabilità, nei confronti dell’ambiente e delle generazioni future, della corretta lavorazione e gestione del litio. Ma stiamo facendo realmente un buon lavoro sotto questo profilo interpretativo?
Cosa succede con il litio?
In realtà, no. Se infatti è vero che si parla del litio come del “carburante” della transizione verso una mobilità poco inquinante, è anche vero che non ci si sta concentrando con la giusta consapevolezza sui potenziali effetti collaterali del litio che – ben inteso – includono l’uso di grandi quantità di acqua e il relativo inquinamento, il potenziale aumento delle emissioni di anidride carbonica, la produzione di grandi quantità di rifiuti minerali, l’aumento dei problemi respiratori e l’alterazione del ciclo idrologico. Insomma, un quadretto ben poco confortante.

Ovviamente, gli interessi economici in gioco sono enormi e proprio per questo motivo l’impressione è che degli effetti collaterali del litio alla fine si parlerà meno del dovuto. A titolo di esempio, Australia, Cile e Cina producono il 90% del litio mondiale, in un mercato globale che si avvicina rapidamente agli 8 miliardi di dollari.
Il paradosso del litio
Ecco dunque che tra le aspettative di una rivoluzione energetica pulita e la presenza di miniere di litio sporche, nasce un paradosso: è vero che l’elettrificazione delle automobili e di altri aspetti della nostra società favorisce la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Tuttavia, se consideriamo il costo delle emissioni associate all’estrazione del litio, la transizione potrebbe non essere così efficiente come crediamo, soprattutto quando i minatori non utilizzano energia pulita.
Si considerino le auto elettriche, uno dei simboli più tangibili della migrazione verso la mobilità green. Secondo una ricerca della società di consulenza automobilistica Berylls Strategy Advisors, produrre una batteria del peso di 500 kg emette oltre il 70% in più di anidride carbonica rispetto alla produzione di un’auto convenzionale in Germania. Inoltre, l’estrazione del litio richiede molta acqua. Per estrarre una tonnellata di litio occorrono circa 500.000 litri d’acqua, con il rischio di avvelenamento dei bacini idrici e relativi problemi di salute.
Cosa si può fare
Ma allora che cosa si può fare? Per cominciare, bisognerebbe investire in soluzioni alternative alle batterie al litio. Allo stesso tempo, il riciclaggio e l’aumento della durata di queste batterie ridurrebbero la necessità di estrarre enormi quantità di questo prezioso materiale.
Come se non bastasse, questo sforzo dovrebbe essere accompagnato dall’avvio di operazioni di estrazione del litio con leggi e regolamenti ambientali rigorosi e dall’investimento in metodi di estrazione avanzati in grado di estrarre il litio dall’acqua di mare.
Sforzi dunque particolarmente intensi e… costosi. Talmente costosi che, forse, potrebbero scoraggiare.